LE SLIDE VISTE DURANTE L’INCONTRO SONO DISPONIBILI QUI
Come promesso, elenco da subito le risorse principali disponibili sul web con le quali mi sono aiutata per la lezione:
http://www.alphaconsult.it/scrovegni/
Il sito contiene splendide foto scattate prima, durante e dopo il restauro terminato nel 2002 della cappella Scrovegni (consiglio di consultare prima la tavola sinottica per individuare la scena che si vuole visualizzare oppure di usare la ricerca semplice, che permette di indicare l’ubicazione della scena affrescata)
http://www.giuseppebasile.org/index.php/restauri/la-cappella-degli-scrovegni
Raccolta di articoli di Giuseppe Basile, con gallerie fotografiche, degli interventi di restauro da lui diretto
http://www.vangelosecondogiotto.it/mostra-giotto.htm
Sito dedicato alla mostra itinerante dedicata agli Scrovegni, che vuole avvicinare il pubblico al capolavoro di Giotto con una lettura facilitata dalla riproduzione fotografica in scala (l’intera cappella è riprodotta in scala 1:4 e ciò permette di cogliere particolari e sfumature che difficilmente la visita sul posto concede, dal momento che il tempo della visita sul posto è estremamente limitato)
Puntata di Passepartout di Philippe Daverio dedicata a Giotto, che fornisce un’ottima contestualizzazione dell’apporto alla storia e alla storia dell’arte del genio di Giotto, con interventi di Antonio Paolucci.
Per quanto riguarda la storia, la committenza e i riferimenti danteschi, rimando qui.
Sempre nello stesso mio post potete trovare il riassunto della lezione (tenuta ad Asti nel 2012) incentrata sul restauro e la conservazione della cappella e le relative slides.
La narrazione
In questo incontro abbiamo appuntato l’attenzione sullo svolgersi cronologico delle storie illustrate da Giotto, scoprendo e seguendo l’andamento elicoidale della lettura iconografica: Giotto ci racconta il Nuovo Testamento in una vera e propria Biblia Pauperum (la Bibbia narrata tramite immagini, di modo che possa essere intesa da tutti, anche da chi non sa leggere i testi sacri).
Sono molti gli episodi tratti dai vangeli apocrifi, cioè quelli non riconosciuti dal canone della Chiesa, ma che ancora oggi conservano ancora un durevole successo, accettato come “ortodosso” perché molto sentiti nella religiosità popolare (per esempio, la presenza dell’asino e del bue alla mangiatoia, immancabili nei presepi).
Siamo partiti dalle storie di Gioacchino e Anna, i genitori di Maria: esse raccontano di come Gioacchino (con un agnellino in braccio, destinato al sacrificio) fu scacciato dal tempio perché non aveva figli (si credeva che Dio non premiasse con figli l’unione matrimoniale di un peccatore), di come questi si ritirò sui monti coi pastori (disperato, in atto di penitenza), di come Anna ricevette l’annuncio dell’angelo della sua prossima gravidanza e di come , presso la porta Aurea in Gerusalemme Maria fu concepita nel bacio tra i due anziani sposi (un bacio senza precedenti nella storia dell’arte per la sua voluttuosità). Una storia a lieto fine, dal tono pacato e quasi bucolico, dovuta alla presenza del diafano paesaggio e dei pastori col gregge, descritto con puntigliosa attenzione, fin nel manto delle pecore (dipinto ad olio!).
Nelle sei scene successive, sulla parete di fronte, sono raffigurate la natività di Maria, la sua presentazione al tempio e quattro scene relative al matrimonio (i pretendenti che consegnano le verghe, la preghiera dei pretendenti per la fioritura di quelle verghe, lo sposalizio con il prescelto Giuseppe e il corteo nuziale).
A prescindere dalla narrazione dei fatti, ho cercato di appuntare l’attenzione sui particolari della resa artistica, ricca di spunti; per esempio la postura dei protagonisti, il significato dei gesti, la resa dello spazio architettonico e il riferimento a usanze e riti medievali che, grazie all’iniziativa giottesca, irrompono a “modernizzare” il racconto.
Un post di riferimento che potrete trovare interessante è qui.
Tra le scene memorabili, ci siamo soffermati sulla ripresa del motivo da parte di Raffaello del giovane che spezza l’ormai inutile verga, per stizza, e sulla figura del padrino (il giovane in abito azzurro che sta per assestare una vigorosa pacca sulla schiena di Giuseppe).
La rivoluzione del sentire
Proseguendo (e andando scremando sul dato narrativo, per dare spazio ai particolari e alla diversità di Giotto rispetto allo stato dell’arte del suo tempo), si sono viste in particolare le scene della Crocifissione e del Compianto: in entrambe abbiamo appuntato l’attenzione sul volto della Madonna e sugli angeli, manifestazioni di un vero dolore tutto umano di fronte alla morte del Cristo.
Per la prima volta il volto di Maria è quello di una madre tutta terrena, che si abbandona tra le braccia delle altre donne, che si dispera di fronte a una morte innaturale e senza rimedio, che cede al dolore senza confini di una donna che vede il figlio morto. Giotto abbandona i confini dell’austerità con la quale la madre di Dio è raffigurata per andare dritto al cuore, per toccare le corde del cuore dell’umano sentire.
Niente a che vedere con le rappresentazioni austere e compunte del suo tempo: allo stesso modo gli angeli, i santi e la stessa Maria (che sembra svenire) non hanno più niente a che fare con la tradizione delle icone e delle illustrazioni del suo tempo.
La tradizione bizantina, la tradizione delle icone, sempre uguali a se stesse all’infinito, viene con Giotto stravolta.
È una vera rivoluzione del linguaggio e gli uomini del tempo sentirono molto bene la differenza, tanto che Cennini (Libro dell’arte) e più tardi Vasari (Vite), pur con parole diverse, espressero lo stesso concetto a proposito dell’arte di Giotto: con il suo genio il greco diventa latino, cioè il linguaggio artistico bizantino (ieratico, sacerdotale, iconico, stilizzato, astratto) diventa latino (espressionista, emotivo, umano, carnale).
Ed è lo stesso cambiamento del sentire (che da teologico e astratto si fa umano e, se mi si concede, sanguinolento) che si vede nel passaggio dal Christus Triumphans al Christus Dolens (l’uno con gli occhi ben spalancati e trionfante sulla morte, l’altro afflitto, che esprime tutto il dolore fisico della tortura della croce.
A conferma del cambiamento nel rendere il Cristo in croce, abbiamo detto anche degli arredamenti della cappella (vi invito a rivedere le dipositive), paragonando i crocifissi di Cimabue, Duccio e Giotto (con particolare attenzione a quello oggi ai Musei Civici di Padova, con le ipotesi di collocazione all’interno della cappella avanzate da Moschetti e Prosdocimi).
Ci siamo, inoltre, collegati alla religiosità predicata da San Francesco per spiegare il mutamento nel sentire (e quanto sia ancora influente oggi la figura del santo ce lo ricorda l’attuale papa, che in tempi di crisi e austerità ha scelto un nome fortemente evocativo!)
Per finire, prima di dare spazio alle esperienze di chi la cappella Scrovegni l’ha vista dopo il restauro e alle domande (che sono fioccate, con mio sommo piacere), abbiamo visto insieme lo spettacolo dell’effetto della luce solare riflessa dagli specchietti nell’aureola del Cristo Giudice… Se volete prenotare una visita alla cappella, quale data migliore del 25 marzo?
Suggerimenti bibliografici:
– Chiara frugoni, L’affare migliore di Enrico. Giotto e la cappella Scrovegni, Einaudi, Torino 2008.
– Chiara Frugoni, La voce delle immagini. Pillole iconografiche dal Medioevo, Einaudi, Torino 2010.
– Chiara Frugoni, La cappella Scrovegni di Giotto a Padova con annesso DVD della Cappella, Einaudi, Torino 2005.